martedì 2 novembre 2021

Recensione Drive di James Sallis

Ho intrapreso la lettura di Drive dopo aver visto il film cult omonimo e soprattutto dopo aver letto nel libro dei film cult che era appunto tratto da un romanzo. Il film mi è piaciuto, ho scoperto un Ryan Gosling inedito e una storia secca ma avvincente.
 
Driver, l’enigmatico protagonista di cui non si conosce il nome ma solo la professione, lavora come stuntman a Hollywood, è uno dei migliori e questo potrebbe bastargli. Ma Driver all’occasione accetta anche di fare da autista per una gang che abbia un buon colpo per le mani. È un uomo distaccato, freddo, senza sogni o obiettivi lontani, disilluso da una vita che fin da bambino gli ha fatto conoscere l'abbandono e la violenza. Non ha amici, non sembra avere sentimenti – se non quel che traspare a volte nei confronti di persone ferite, come lui – e quando si tratta di lavoro non ha eguali: «Non partecipo, non so nulla, non ho armi. Io guido, faccio solo quello. Nient’altro». Ma nonostante questa filosofia a salvaguardia della propria incolumità fisica e interiore, Driver rimane coinvolto in una rapina che finisce male e si ritrova ferito in un motel a nord di Phoenix, in compagnia di tre cadaveri inzuppati nel sangue e di una borsa con oltre duecentomila dollari. Per l’”autista”, sulla cui testa gli ex compagni hanno ora messo una taglia, ha inizio una fuga tra l'Arizona e Los Angeles, uccidendo chi costituisce una minaccia e cercando di capire chi può aver fatto il doppio gioco. Ma la fuga è per Driver anche l’occasione per ripercorrere le tracce della propria esistenza, della propria passione per le auto, della propria bravura riconosciuta da attori e registi nella mecca del cinema. Ed è anche l’occasione per riflettere sui motivi per cui un uomo non può cambiare strada nella vita, non ha la scelta di uscire da una cupa realtà che lo accompagna fin dalla nascita e che sempre più appare scaricargli addosso tutta la propria brutalità e violenza.
 
Drive - James Sallis (Luca Conti) 
Fiction - Giano - 18 maggio 2006 - p. 160 - € 6,75 - € 11,66
 
 
Drive è un libro particolare, la scrittura di Sallis è asciutta e diretta. Racconta la storia di questo ragazzo senza nome (infatti per tutto il libro verrà chiamato solo con appellativi) che vive da solo, ogni due mesi cambia casa, fa lo stuntman di professione, guida le auto durante le riprese di inseguimenti spettacolari e rocamboleschi, e nel tempo libero fa l’autista su commissione per diverse rapine.

È un uomo di poche parole. Ha regole ben precise che rispetta rigorosamente. Lui guida e basta. È bravo sa quel che fa e vive la sua vita così. La lettura è intervallata da flashback del suo passato che ci permettono di scoprire i diversi traumi infantili che probabilmente l’hanno portato a essere l’uomo distaccato e pragmatico che conosciamo. Tutto si complica quando una rapina finisce male e lui si ritrova in un motel con un mucchio di soldi, circondato da cadaveri.

Il romanzo è meno coinvolgente rispetto al film, Driver ci viene descritto come un uomo freddo, calcolatore che non vacilla. Nonostante la situazione in cui si ritrova riesce a mantenere il sangue freddo e la mente lucida. Mi ha ricordato qualche passaggio dei film di Tarantino, in cui basta un attimo perché una situazione apparentemente tranquilla si trasformi in bagno di sangue.

Mi è piaciuto perché veloce da leggere, diretto e semplice ma onestamente il film mi ha coinvolto di più. Probabilmente perché quel pizzico di umanità di Driver, che nel libro è mancata, ha reso più godibile il tutto.
 
Buona lettura!

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