lunedì 1 luglio 2019

Incipit: La treccia

Buon pomeriggio lettori e buona settimana! Nuovo incipit quest'oggi di questo romanzo consigliatomi per la Ikigai Challenge e adorato in tutte le sue forme. Si tratta de La treccia di Laetitia Colomban, la storia di tre donne forti e coraggiose abitanti in tre parti diverse del mondo. Nell'incipit di oggi ho deciso di riportarvi l'inizio della storia di Smita, un percorso che mi ha aperto gli occhi sulla situazione delle donne in India. Ringrazio Daniela per lo straordinario cosiglio di lettura.

SMITA


Villaggio di Badlapur, Uttar Pradesh India


 Smita si sveglia in preda a un sentimento strano, a un'urgenza dolce. Una farfalla sconosciuta si agita dentro di lei. Oggi è un giorno importante, un giorno che ricorderà per tutta la vita. Oggi, sua figlia andrà a scuola.

 A scuola, Smita non ci ha mai messo piede. Qui a Badlapur, quelli come lei non ci vanno. Smita è una dalit, un'intoccabile. Una di quelli che Gandhi chiamava i figli di Dio. Fuori casta, fuori dal sistema, esclusi da tutto. Una razza a parte, giudicata troppo impura per mescolarsi agli altri, un rifiuto spregevole che va scartato, come si separa il grando dal loglio. Come Smita, milioni di altre persone vivono ai margini dei villaggi, della società, alla periferia dell'umanità.

 Ogni mattina lo stesso rituale. Come un disco rotto che suona all'infinito la stessa sinfonia infernale, Smita si sveglia nella squallida baracca in cui vive, nei pressi dei campi coltivati dai jat. Si lava la faccia e i piedi con l'acqua che la sera prima ha preso al pozzo riservato ai dalit. Impossibile avvicinarsi all'altro, quello delle caste superiori, sebbene sia più vicino e accessibile. C'è gente che è morta per molto meno. Smita si prepara, pettina i capelli di Lalita, dà un bacio a Nagarajan. Poi raccoglie la sua cesta di giunco intrecciato, la cesta che era stata di sua madre e la cui sola vista le dà il voltastomaco, quella cesta dall'odore persistente, acre e indelebile, che porta tutto il giorno come si porta una croce, un fardello osceno. Una maledizione, un castigo. Forse per una colpa commessa in una vita precedente, da pagare, espiare. Questa vita in fondo non è più importante di quelle passate, né di quelle a venire, è solo una delle tante, diceva sua madre.
 

 A lei, è toccata in sorte questa.


Buona lettura!

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