venerdì 23 novembre 2012

Protagonista: Pierluigi Curcio


Buon pomeriggio cari followers! L'intervista di oggi avrà protagonista un autore che ha partecipato, e vinto, numerosi concorsi con i suoi svariati racconti.

Si tratta di Pierluigi Curcio autore di diversi libri storici, di novelle western e horror. Io ho letto e recensito QUI i tre racconti horror: "Ordinary Man", "Dunnottar" e "Draculea".

 


Benvenuto Pierluigi a Vivere in un Libro! Cominciamo subito, magari presentandoti ai lettori..
Ciao Saya. Devo ammettere che come domanda è abbastanza insidiosa: descriversi in poche righe non è semplice. Correrei il rischio di decantare onore e gloria di me stesso, col solo risultato di apparire indigesto. Una cosa però posso dire. Adoro suscitare emozioni. Sia nella realtà di tutti i giorni che attraverso le mie storie: romanzi storici, racconti western, horror o sentimentali. L’importante è colpire chi mi circonda e il lettore lasciando un messaggio positivo.
Come mai hai iniziato a scrivere?
Fondamentalmente tra i banchi. Piccoli pensieri sparsi prendevano vita sul diario di scuola. Più che altro erano sfoghi di un adolescente nell’età della pubertà. Rileggendoli oggi non mi ci ritrovo più, ma posso ancora capire il ragazzino di un tempo. Abbandonai la penna per diversi anni immergendomi nella lettura; dai classici di Salgari e Dumas ad autori di romanzi storici del calibro di Steven Pressfield o Bernard Cornwell… fino a incontrare colui che è e sarà il mio autore preferito: David Gemmell. Fu grazie ai suoi scritti che mi dedicai, durante una sera d’inverno, alla stesura di una paginetta. Niente di pretenzioso. Probabilmente scritta male e senza molto capo né coda, ma quelle parole pretesero un seguito… e l’ebbero. Nacque così il primo romanzo “Vendetta” . Abbastanza insolito visto che non avevo mai scritto neppure un racconto prima d’allora.


Qual è il tuo libro preferito?
Sono due in realtà, ma fanno capo a un’unica storia: “Il leone di Macedonia” e “Il principe nero”. L’autore, David Gemmell, narra le vicende di Parmenione il generale spartano che condusse prima Filippo il Macedone, in seguito Alessandro Il Grande “alla conquista del mondo”. Fantasy e storia uniti in un connubio che non avevo mai ammirato e che non ho più ritrovato in nessun autore.


I tre racconti che ho letto sono di genere horror, come non ne leggevo da tempo. Riferendomi a Dunnottar e a Draculea come mai hai deciso di riprendere la figura di vampiro oramai fortemente traviata dai moderni urban fantasy?
In realtà il tutto è nato dietro la richiesta della mia casa editrice la “Chichili Agency”. Aveva in mente di creare un seriale che uscisse fuori dai moderni canoni del vampiro e fare un salto alle origini. Non potei che trovarmi d’accordo. Il vampiro è divenuto oramai un accalappia adolescenti da botteghino, ma lo strogoi, così come lo chiamavano i transilvani, non aveva nulla di divertente o attraente.


Per quanto riguarda Ordinary Man sei rimasto sul genere più classico degli horror: casa isolata e gruppo di amici, ma comunque è un racconto che tiene incollato il lettore fino alla fine! Ti sei ispirato a qualche film?
No, nessun film. Mi sono basato, come ben dici, sui canoni classici dell’horror. Per di più confesso di aver rubato a piene mani dalla vita privata. Non che abbia mai vissuto un’esperienza simile, ma i tre ragazzi e alcuni aneddoti raccontati hanno basi decisamente reali.


Dalla tua biografia si legge che hai scritto molti altri libri, in particolare però ti sei concentrato sul filone storico. Da cosa nasce questa passione?
Bella domanda. Non so esattamente quale che sia la ragione, ma la materia di Britannia e, in particolar modo quella arturiana, mi è particolarmente cara. I tre romanzi ne sono una prova. Chiamalo istinto, passione innata o richiamo ancestrale, ma dovevo scrivere quei romanzi. Una piccola parte del sottoscritto è seriamente convinta che gli eventi si siano svolti così come li ho riportati.

I racconti western, invece, da cosa traggono ispirazione?
Sfogliavo le pagine dei fumetti di Tex Willer ancor prima di iniziare a leggere. Sono cresciuto col mito del cavaliere solitario e dei cazzotti di John Wayne, per non parlare degli spaghetti western e dell’inossidabile Trinità. Sapevo che avrei scritto qualcosa sul genere prima o poi e, dopo alcuni tentativi infruttuosi, sono nati: “Il canto dell’aquila”, “Wild West” e “Amanda”. Tre racconti racchiusi nel seriale Bullets della Chichili Agency. Spero vorrai leggerli prima o poi e dirmi cosa ne pensi. Se può servire da incentivo ti dirò che le storie d’amore non mancano in nessuno dei tre. Piccolo indizio: inizialmente avrei voluto intitolare anche i primi due con i nomi delle protagoniste: “Jen” e “Polly”.


C’è qualcosa che cambieresti in uno dei tuoi libri?
Ogni singola volta in cui mi capita di riprenderli in mano. Scrivere implica una crescita dell’autore ed è inevitabile che tornando a rivedere una storia col senno di poi, nasce desiderio di variare alcune piccole cose. Non per la trama però. Fondamentalmente non potrei decretarne le sorti neppure se volessi. È la storia che si scrive da sé. Fino a oggi mi sono semplicemente limitato ad ascoltarne il canto e darle vita su carta.


In quale genere ti sei divertito di più a scrivere?
Amo lo storico e “Artorius” è il lavoro a cui sono più legato, ma lo confesso: "Dunnottar" l’ho buttato giù in tre giorni e non mi sono mai divertito così tanto. Colpa dell’eroina credo. Una studentessa archeologa decisamente fuori dai canoni.


Hai partecipato, e vinto, numerosi concorsi. Credi che sia un buon modo per farsi conoscere come scrittore?
Apparentemente l’unico risultato utile è il non dovermi mettere più in caccia di concorsi a cui partecipare. Adesso gi inviti li porta direttamente il postino o li ricevo tramite mail. Credo di esser finito in qualche lista autori che gira tra gli organizzatori. Utile? Più per me stesso. Ritengo un concorso un banco di prova e quando si supera, quel che entusiasma non è il premio ottenuto, ma la consapevolezza di star battendo una strada che potrebbe un giorno dare i suoi frutti. Io non demordo.


Hai altri progetti letterari in mente?
Nel prossimo anno dovrebbero uscire due nuovi racconti, sempre per la Chichili: “Chester House” un nuovo horror dagli sfondi abbastanza classici e “Senza fine” una storia d’amore che non conosce limiti di età e tempo.Sono inoltre al lavoro alla stesura di un nuovo romanzo, il mio primo horror (che vuoi farci, il genere mi ha “stregato”) che vedrà il ritorno sia di Marco (uno dei ragazzi di Ordinary Man) che di Ferdy e Artur (i giovani studenti di archeologia di cui hai letto in Dunnottar). Poi? Quasi sicuramente tornerò a lambiccarmi sul genere storico.
Wow aspetterò trepidante.... 


Cosa consiglieresti a chi vuole iniziare a scrivere?
Credere in sé stessi e non mollare. Nonostante le avversità e le allettanti offerte delle case editrici a pagamento. Ci son caduto e non è stato entusiasmante. Affidarsi al giudizio di parenti e amici? Non fanno testo: per loro teoricamente si ha già in tasca il Premio Bancarella. Come dicevo prima, per me, la soluzione ideale per capire se ho scritto una castroneria o meno, sono i concorsi letterari. Di gratuiti ce ne sono e, quand’anche fossero a pagamento, il bottino finale ripaga e con gli interessi il contributo iniziale.

Ti ringrazio per la chiacchierata Saya.
Grazie a te per il tuo tempo e i tuoi consigli. E' stato un piacere sia leggerti che averti qui.

Spero vi sia piaciuta anche questa bella intervista. Vi conisiglio di leggere questi libri se siete amanti degli horror, se siete stufi dei vampiri innamorati e volete qualcosa di più forte. Inoltre credo vivamente che anche gli altri suoi libri siano interessanti e non è detto che la sottoscritta non si avvicini ai generi western e storico cominciando proprio dai suoi racconti!

Buona lettura!

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